Ecco perché, a venticinque anni dalla pubblicazione di quell’importante risultato di traduzione, si fa ora avanti la presente nuova proposta editoriale58. Una proposta, che è a sua volta riconoscente alle Edizioni Raduga e al loro traduttore per l’innovativo e stimolante contributo offerto, allora, alla conoscenza del Poema pedagogico, nella prospettiva di un proficuo, continuativo uso didattico dell’opera in lingua italiana; e, dunque, per la possibilità che quel momentaneo “punto di arrivo” consentiva di fare avanzare didatticamente la ricerca su Makarenko e il Poema59.
Di modo che ciò che ora ne consegue vuole essere, anzitutto, una prima risposta positiva al coinvolgente, complice invito alla critica, che dal 1985 ne è derivato per il lettore italiano: e, dunque, l’ulteriore documento della rinnovata possibilità dell’inserimento dell’opera di Ma- karenko nella nostra cultura, a partire dagli insegnamenti e dagli apprendimenti scaturiti dalle attività di revisione e di traduzione, individuali e collettive effettuate alla “Sapienza” dal 1992 in avanti. Attività di revisione e di traduzione, intese soprattutto a proiettare nelle nostre ricezioni makarenkiane – e ovviamente cambiando tutto ciò che c’è da cambiare da situazione a situazione – una qualche idea del laboratorio letterario e pedagogico di Makarenko60, attingendovi apertamente e provando a tradurne nel nostro mondo universitario le complesse dimensioni metodologiche e di contenuto, nonché le vitali caratteristiche e feconde contraddizioni61.
Il Poema pedagogico nella sua “dialettica” interna… Il Poema pedagogico e il suo dialogo con l’esterno… Un’opera intrigante, che diresti addirittura collosa, prensile: che, se ti acchiappa, non ti molla più; un’opera che, mentre la pratichi, ti modifica, ti plasma; ti forma e trasforma decisamente in meglio; e che pertanto, in presenza dei progressivi arricchimenti filologici del testo, oggettivamente importanti in se stessi e nondimeno alla luce dei diversi contesti mondiali62, non ti riesce mai di “bloccare” nella sua ipotetica stabilità e definitività.
E basti a tale proposito notare, da un lato, alcuni “crucci” testuali, individuati qua e là nella messa a punto del testo russo più recente63; da un altro lato, l’intrinseca mobilità del genere “romanzo di formazione” come work in progress e “opera aperta”, progressivamente e pro- spetticamente disponibile al dubbio e all’interlocuzione. E questo, ben oltre i suoi stessi interlocutori, dubbiosi e interrogativi punti d’arrivo: tra storia raccontata e progettualità rappresentata e rappresentabile, tra interazione retrospettiva e transattività in fieri del nesso presente-passato-futuro.
Di qui la gran matassa dei problemi, delle domande, delle ricerche, dei confronti, dei controlli testuali e contestuali, dei propositi e dei tentativi di traduzione e di ritraduzione del Poema pedagogico, solo in parte soddisfatti nella presente edizione. La quale è ancora l’incompiuta, talvolta erronea, restituzione di uno “stato dell’arte”: un primo approccio quasi “danzerino”64 e “drammaturgico”65, con intenti soprattutto didattici e autodidattici, alle parole, alle frasi, ai brani, alle pagine, ai capitoli del Poema, sulla base dell’edizione tedesca-russa del 1982, e quindi delle più recenti proposte di revisione e integrazione, offerte dall’edizione moscovita del 2003.
A proposito della quale ultima, formulerei in particolare le seguenti note promemoria, come prova dell’opportunità o, meglio, della necessità di ulteriori controlli sui manoscritti e sui dattiloscritti sui quali l’edizione si fonda. E dunque:
- Una maggiore cura del testo, relativamente all’uso delle lettere maiuscole e/o minuscole, all’uso della punteggiatura e dei capoversi, nella trascrizione di alcune parole. Valgano infatti, per esempio, i seguenti errori: alle pp. 257 (al 10° rigo: «Kozyr’», invece di «kozyr’»), 273 (al 2° rigo: il punto esclamativo al posto del punto interrogativo), 291 (al 16° rigo, non capoverso, ma continuando), 293 (al 4° rigo dal basso: «čert», invece di «čret»), 306 (al 5° rigo d. b., ci vuole il plurale «mečtali» al posto del singolare «mečtal»), 313 (al 3° rigo dal basso, ci va «Blagodarja», invece di «Bdagodarja»), 317 (al 6° rigo, non deve esserci il punto tra «po» e «rel’sam»), 350 (alla fine del 9° rigo d. b. va chiuso il trattino aperto all’inizio del rigo), 391 (al rigo 4° d. b., «tradiziej» invece di «tradiziij»), 507 (al rigo 11° dal basso, dopo il verbo «pristavajte», con cui finisce il discorso diretto, occorre ridare la parola al narratore Makarenko), 529 (all’inizio del rigo 21° d. b., bisogna inserire il trattino del discorso diretto), 545 (al 13° rigo d. b., va controllato e eventualmente corret- to il termine «vverch», che non sembra esatto), 574 (all’11° rigo, non «devat’», ma «devit’»), 581 (all’inizio del 22° rigo d.b., va soppresso il trattino, perché non si tratta di un discorso diretto).
- Un controllo ulteriore dei documenti-base, manoscritti e dattiloscritti, relativamente ai se- guenti luoghi: alle pp. 300-303, 311, 427-428, 462-463 e sgg., 521, 581-585, 632 e sgg., 668 e passim (per i diversi dubbi e i conseguenti possibili errori, che si insinuano nel rapporto tra l’edizione tedesca del 1982, l’edizione russa del 2003, le traduzioni italiane del 1952 e 1985 e la presente rivisitazione del Poema); alla p. 344, dove, al 7° rigo dal basso, sembra esserci un errore di trascrizione, nel passaggio tra la parola «Beluchin», il punto fermo seguente e la parola successiva «Raz» (che sembra vada preceduta da un trattino). La p. 376 va ricontrollata tutta, perché non convincono alcuni passaggi, trattini, termini. Alla p. 469, il 13° e il 14° rigo sono una reiterazione di un luogo della p. 468, ai righi, anche qui, 13° e 14°. Alle pp. 476 e 479 si verificano alcune ripetizioni di frasi, già presenti alle pp. 60, 63 e 68, e che non si spiegano: si tratta pertanto di controllare sui testi manoscritti e dattiloscritti originari tutte e cinque le pagine, per capire come possano stare più esattamente le cose (vedi in particolare, a p. 479 i righi 13°-17°). Lo stesso si deve dire per la p. 487, all’inizio. Situazione analoga alle pp. 568 e 569, dove vengono stampati a breve distanza le identiche cinque righe: dalle parole «kogdanibud’» alla parola «razuma» (righi dal 10° al 14° d. b., a p. 568; e dal 1° al 5°, a p. 569). Egualmente, alle pp. 609-611, ci sono delle ripetizioni di righi che esigono nuove verifiche e correzioni del testo (soprattutto a proposito di Kaščej l’Immortale).
Di prospettiva in prospettiva
Esperienze di recensione, queste cui faccio riferimento, che per riuscire ad essere tali si sono tuttavia avvalse di più competenze66, di sistematici coinvolgimenti del professore e degli studenti nelle comuni esperienze di traduzione; e dell’aiuto di traduttori di lingua madre russa e ucraina, talvolta anch’essi studenti di Pedagogia generale e laureati in Pedagogia generale, su temi e problemi relativi al Poema pedagogico e a Makarenko67. Studenti, laureati, esperti, con i quali si è proceduto alle revisioni del testo e a controlli terminologici ulteriori dell’italiano, pagina per pagina, frase per frase, parola per parola, di entrambe le due precedenti traduzioni italiane del Poema; aggiungendosi puntuali confronti con le traduzioni dell’opera in altre lingue, soprattutto con quella in lingua inglese degli anni Trenta del secolo scorso, The Road to Life68; e specifiche esperienze di raffronto delle diverse traduzioni e talvolta di ritraduzione di interi capitoli, ovvero di brani del Poema pedagogico, su mia richiesta a miei studenti di lingua russa, ucraina, tedesca, inglese, francese, spagnola, greca, ungherese, bulgara…
D’onde la predisposizione funzionale, tra didattica e ricerca (pedagogica e antipedagogica), anno accademico dopo anno accademico, di aggiornati dossier monografici per gli studenti frequentanti e non frequentanti le lezioni, allo scopo di far progredire via via i livelli di approssimazione testuale al Poema makarenkiano come duplice strumento di studio69, dall’originale russo alla traduzione italiana; e viceversa. E ben sapendo che, per una conoscenza più completa ed esatta, occorrerà procedere ai necessari confronti sui manoscritti, sulle loro successive stratificazioni e sulle eventuali manipolazioni e soppressioni censorie, autocensorie o semplicemente compositive a cura dello stesso Makarenko autore (individuale-collettivo), nel corso della lunga e faticosa elaborazione del romanzo dell’eroe (collettivo-individuale) Makarenko70.
Di qui, anche, il motivo del tempo individuale e collegiale che, come docente, collaboratori e studenti, abbiamo inteso dedicare al Poema pedagogico. E il senso complessivo, per quanto ancora provvisorio, della presente proposta di traduzione nella quale convergono insieme, tra didattica e ricerca, diversi piani dell’esperienza accademica.
E dunque:
- una ventina di corsi monografici, del vecchio e del nuovo ordinamento universitario su Makarenko e il Poema pedagogico;
- diverse centinaia (forse un migliaio) di esami di Pedagogia, Pedagogia generale, Terminologia e scienze della formazione e dell’educazione;
- numerosi seminari con esperti e laboratori autogestiti dagli studenti, in stretto rapporto con il docente e alcuni collaboratori alla Prima Cattedra di Pedagogia generale dell’Università di Roma “La Sapienza”;
- corsi coordinati di lezioni, esperienze seminariali, collegialità e incontri tecnici di diverso tipo, relativi ad altri insegnamenti variamente ricollegabili alla Pedagogia generale e alla materia makarenkiana specifica: così, soprattutto, Metodologia della ricerca pedagogica (Giuseppe Boncori), Psicologia generale, Psicologia dello sviluppo, Psicologia dell’apprendimento (Maria Serena Veggetti), Educazione e cooperativismo (Agostino Bagnato71), Educazione e cultura dell’infanzia (Rosella Frasca), Cinema e educazione (Domenico Scalzo), Neopragmatismo e educazione (Giordana Szpunar);
- produzioni editoriali di vario genere in volume e in rivista, nei tipi di diversi editori, sia in cartaceo, sia in internet (Quaderni di Slavia, ETS, La Nuova Italia, Guerini e Associati, Le Lettere, Aracne, Nuova Cultura, l’albatros, ecc.);
- una cinquantina tra elaborati scritti e tesi di laurea, di vecchio e di nuovo ordinamento universitario (alcune diventate libro)72;
- partecipazione individuale e collettiva a convegni, conferenze, interventi in gruppi di ricerca, lezioni accademiche, in diverse sedi in Italia e all’estero (oltre che a Roma, a Catanzaro, Pavia, L’Aquila, Lecce, Messina, Arcavacata di Rende e Cosenza, Mosca, Poltava, Artek);
- la ricezione di Makarenko e del Poema pedagogico in alcuni siti internet, quali per es. http//www.makarenko.it, http//www.slavia.it, http//www.cultureducazione.it, ecc.: e tutto ciò – sempre che abbiamo potuto e nei limiti in cui siamo riusciti a farlo – privilegiando il testo del Poema pedagogico, in rapporto sia alle sue proprie problematiche compositive interne, sia alle sue estensioni tematiche da Makarenko a noi, sull’infanzia abbandonata in Russia e in URSS (quindi nei paesi dell’ex Unione sovietica), sul collettivo makarenkiano sull’insegnamento cooperativo73, sui nessi (per analogia e più per differenza) tra Makarenko e Jean-Jacques Rousseau74, tra Makarenko e Tolstoj75, tra Makarenko e Antonio Labriola76e, mutatis mutandis, in rapporto a Charles Dickens77, a Lev Semenovič Vygotskij78, a Maksim Gor’kij79, a John Dewey80, a Maria Montessori81, ai “maestri frenetici” di Cooperazione educativa82, ai Pionieri in URSS83, a Don Lorenzo Milani e a Muhammad Yunus84, a Miloud Oukili, a Giorgio Spaziani e Emanuela Giovannini85, ecc.; e, da ultimo, all’Ego “prospettico” e “didattico” di Ratatouille:
Dopo aver letto tante sviolinate a proposito del vostro nuovo cuoco,
lo sa che cosa vorrei tanto? Un po’ di prospettiva…
ecco, gradirei della prospettiva… fresca, chiara e ben condita.
Mi può consigliere un buon vino da poterci abbinare?
[…] Prospettiva… ne siete forse sprovvisti?
Molto bene… visto che siete a corto di prospettiva
e nessun altro sembra averne in questa balorda città,
propongo un accordo:
voi provvedete al cibo… io provvederò alla prospettiva.
[…] Ci sono occasioni in cui un critico rischia davvero:
ad esempio, nello scoprire e difendere il nuovo.
Il mondo è spesso avverso
ai nuovi talenti e alle nuove creazioni.
Al nuovo servono sostenitori.
Ieri sera mi sono imbattuto in qualcosa di nuovo:
un pasto straordinario, di provenienza assolutamente imprevedibile.
Affermare che sia la cena sia il suo artefice
abbiano messo in crisi le mie convinzioni sull’alta cucina
è, a dir poco, riduttivo: hanno scosso le fondamenta stesse del mio essere.
In passato non ho fatto mistero del mio sdegno
per il famoso motto dello chef Gusteau:
«chiunque può cucinare».
Ma ora, soltanto ora, comprendo appieno ciò che egli intendesse dire:
non tutti possono diventare dei grandi artisti:
ma un grande artista può celarsi in chiunque86.